Degrassatore in cemento: qual è la sua funzione e come pulirlo

Prima di spiegare come si fa a pulire un degrassatore in cemento, è importante far chiarezza su cos’è questo sistema, dove va installato e qual è la manutenzione richiesta.

Per degrassatore s’intende un tipo molto specifico di pozzetto, chiamato anche degrassatore statico o vasca di caduta grassi o disoleatore, che viene impiegato soprattutto nelle attività di ristorazione o lavaggio.

Tali attività commerciali e manuali, usano olii o prodotti chimici per la pulizia (es. detersivi per lavastoviglie, prodotti chimici per il lavaggio industriale, cabine di verniciatura con sistemi di filtrazione dell’acqua), ovvero, materiali che tendono a condensare a temperatura ambiente o inferiore.

Alla lunga, questi residui si incrostano nelle tubazioni, causando notevoli problemi e contaminano in maniera significativa i depuratori a valle.

degrassatore in cemento

Degrassatore in cemento: qual è la sua funzione?

La funzione del degrassatore in cemento è quella di intercettare le acque di scarico e separare, attraverso delle paratie, il flusso di materiale grasso dall’acqua, di modo che venga raccolto in cisterne, che possono essere periodicamente svuotate e pulite da un’azienda specializzata.

Esistono vari tipi di degrassatori ed i loro materiali di produzione possono variano notevolmente. Si va dalle materie plastiche al cemento armato, che rappresenta la migliore opzione in termini di qualità e costo di acquisto e manutenzione.

Per questa ragione, in questo articolo, parleremo specificatamente del secondo caso.

Il suo funzionamento è semplice: una volta installato il degrassatore in cemento, esso viene riempito con acqua pulita prima di essere messo in funzione. Il suo compito è quello di intercettare le acque reflue e aiutare a separare le parti grasse o più spesse attraverso un sistema di flottazione e sedimentazione.

Il tutto accade all’interno di una vasca di decantazione intermedia, che filtrerà i materiali inquinanti per poi scaricare l’acqua chiarificata nella fogna o nel pozzo nero.

Come si pulisce il degrassatore in cemento?

La pulizia del degrassatore in cemento va eseguita almeno una volta all’anno, però non è una cosa che si può fare da soli, soprattutto per alcuni buoni motivi che vedremo di seguito.

Innanzitutto, bisogna tenere conto che i residui di questi fanghi sono prodotti chimici sgradevoli e molto pericolosi per l’organismo, come le vernici usate da carrozzieri o falegnami, che richiedono non solo trattamenti speciali, ma anche indumenti specifici per la loro raccolta e smaltimento (es. mascherina e guanti con tuta idonea).

In secondo luogo, questi residui essendo molto grassi e densi sono difficili da rimuovere e sarà necessario utilizzare prodotti specifici che li sciolgano o ammorbidiscano o mezzi meccanici che ne facilitino l’estrazione, come quelli degli autospurghi.

In terzo luogo, si deve sapere che è impossibile che questi fanghi possano essere reimmessi nella rete fognaria, ma il loro corretto smaltimento richiede che società specializzate li raccolgano e li ripartiscano in base alle loro caratteristiche e li affidino a centri di raccolta specializzati per il loro corretto trattamento.

degrassatore in cemento

Come valutare l’adeguatezza del degrassatore?

La nostra azienda non solo può effettuare una valutazione durante la fase di studio di fattibilità di un progetto per determinare il corretto dimensionamento del pozzetto sgrassante, ma può anche intervenire successivamente, laddove vi sia già presente un degrassatore in cemento.

Non è raro, infatti, che un pozzo già esistente non sia più sufficiente a soddisfare le crescenti o mutevoli esigenze dell’attività e debba, quindi, essere modificato o addirittura sostituito con un pozzo più grande.

In particolare, si valutano i parametri necessari per riformulare i conteggi, quali litri per abitante equivalente (considerati mediamente pari a 50 litri per persona), portata idraulica e numero di pasti giornalieri.

Da questi calcoli, l’azienda, con l’ausilio di partner qualificati, svilupperà idonee valutazioni e preventivi per la modifica o l’installazione del nuovo degrassatore.

Se stai cercando maggiori informazioni sui degrassatori o vuoi sapere quale tipo è migliore per la tua casa o attività commerciale, non devi fare altro che contattarci. Un nostro esperto consulente saprà darti tutte le risposte che cerchi!

Vasca biologica in cemento o in PVC: quale scegliere?

La raccolta delle acque nere e grigie dalle unità abitative, siano esse case singole o appartamenti non serviti da una rete fognaria, è un problema delicato da affrontare.

Date le esigenze igieniche e l’impossibilità di utilizzare i normali lavori di depurazione, scegliere una soluzione con i più alti standard qualitativi è il primo passo da compiere.

Le fosse biologiche sono, infatti, in grado di proteggere il terreno da eventuali fuoriuscite di agenti inquinanti, e, a causa delle varie soluzioni esistenti sul mercato, è difficile fare la scelta del materiale giusto.

Prima di installare una vasca biologica, è necessario seguire procedure specifiche dettate dalla normativa della propria città ed è quasi sempre necessario – a seconda delle leggi locali e delle circostanze individuali – eseguire un rapporto geologico sul terreno.

Per finire, il tipo di vasca da utilizzare va deciso in base alle dimensioni e all’uso che se ne intende fare.

In questo articolo vedremo la differenza tra i due materiali e quale scegliere per la propria casa:

Meglio una vasca biologica in cemento armato o in PVC?

Per la scelta è importante valutare il materiale più adatto alle singole esigenze, tenendo conto di diversi aspetti e confrontando la qualità delle due opzioni in termini di costo.

Di seguito, vediamo i vantaggi di questi due tipi di fossa

vasca biologica

Vantaggi della vasca biologica in cemento

Ci sono due vantaggi principali della vasca biologica in cemento:

  • È stabile. Il cemento (materiale costituito da una miscela di acqua, sabbia e ghiaia) resiste in modo eccellente alla pressione del terreno, garantendo un’ottima resistenza.
  • Ha una garanzia di dieci anni. Con i suoi componenti integrati, assicura che la sua installazione rimanga intatta e mantenga il suo carattere nel tempo.

Tuttavia, per quanto riguarda gli svantaggi, va detto che:

  • È costoso. In effetti, è nella fascia di prezzo medio-alta: circa il doppio rispetto ai suoi concorrenti. Tuttavia, deve essere considerato come un investimento. Infatti, poiché ha una durata maggiore, il costo va riconsiderato dividendo per il tempo di utilizzo.
  • È molto pesante. Il suo peso specifico è di 3,15 g/cm³. Questo peso gli offre una maggiore stabilità della vasca biologica in PVC nel suolo, ma richiede attrezzature specifiche per il trasporto e il posizionamento.

Vantaggi della vasca biologica in PVC

Per quanto riguarda la vasca biologica in PVC, i principali vantaggi sono:

  • È leggera: Il suo peso specifico è compreso tra 1,37 e 1,45 cm³; un valore importante e da non sottovalutare, in quanto semplifica le operazioni di trasporto e installazione. Tuttavia, a seconda del terreno su cui verrà installata, può essere instabile se fatta senza un rinforzo adeguato. Per evitare danni, si consiglia di realizzare una soletta in calcestruzzo per aumentarne la stabilità e garantirne la solidità nel tempo.
  • È conveniente: I prezzi partono da poche centinaia di euro e salgono in base alla dimensione, ma sono comunque di fascia medio-bassa e adatti a tutte le tasche.
  • È durevole. Il PVC (cloruro di polivinile, noto anche come polimero di cloruro di vinile) è un materiale resistente. Una vasca biologica costruita con un buon spessore di PVC può resistere a rotture accidentali, sebbene la sua vita media sia inferiore a quella del cemento.
vasca biologica

Per entrambe le soluzioni, indipendentemente dal fatto che si scelga di installare una fossa settica in cemento o in PVC, bisognerà eseguire una manutenzione regolare per garantirne il corretto funzionamento e la durata nel tempo.

I nostri consigli sono questi: rivolgersi a un’azienda professionale, svuotare la vasca biologica almeno una volta all’anno e fare attenzione a non gettare negli scarichi oggetti che possono otturare i tubi, così se ne prolungherà la durata.

Schema fossa biologica a dispersione

Schema fossa biologica a dispersione

La fossa biologica (detta anche fossa settica tradizionale), è una sorta di fogna statica utilizzata in situazioni in cui appartamenti o complessi residenziali non sono dotati di fognature dinamiche, quindi, il suo scopo è quello di eliminare le acque reflue prodotte nei complessi abitativi.

Affinché funzioni correttamente, dev’essere adeguatamente mantenuta e pulita, altrimenti si rischia di andare incontro a grossi problemi, soprattutto di natura igienica.

Quali sono i tipi di fossa biologica?

Esistono due tipi principali di fosse biologiche:

  • Fossa biologica tradizionale: composta da due scomparti, un divisorio e un setto verticale, che si collegano ad una rete fognaria pubblica;
  • Fossa Imhoff: adatta a posti lontani da reti fognarie, soprattutto in zone rurali.  Opera depurando direttamente i vari liquami di modo che possano essere poi dispersi nel terreno, senza contaminare l’ambiente.

Per questo secondo tipo di sistema entra in gioco la fossa biologica a dispersione, ovvero un impianto che permette di spargere gli scarichi nel terreno dopo la depurazione.

Fosse biologiche, come sono fatte?

Ogni fossa biologica o fossa settica può essere suddivisa in due o tre scomparti comunicanti (da cui il termine bicamerale o tricamerale), dotati di apposite valvole con doppia funzione:

  • 1°: Aiutare la schiuma e i residui più leggeri a salire;
  • 2°: Facilitare la deposizione dei residui più pesanti sul fondo dell’ultima camera dell’impianto, dove avviene la sedimentazione e la digestione dei liquami, grazie all’azione di batteri anaerobici.

Schema fossa biologica a dispersione

Le fosse biologiche devono essere interrate su terreno pianeggiante, in particolare su letti di sabbia. La scelta di questa posizione evita la fuoriuscita di liquami da una sezione all’altra.

Le istruzioni per un corretto funzionamento richiedono che si trovi ad almeno 1 o 2 metri dagli edifici e 10 metri da pozzi, cisterne e tubazioni dell’acqua potabile, per non contaminarli.

Per quanto riguarda il dimensionamento della fossa, questo può essere determinato solo dopo aver fatto un sopralluogo.

In effetti, la dimensione di una fossa settica dipende dalla quantità di liquame prodotto, quindi varierà da famiglia a famiglia e anche dal numero dei componenti del nucleo familiare.

Le indicazioni suggerite dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente definiscono una distanza minima tra trincee e aree di scavo per pozzi, ma includono anche tubazioni e serbatoi di stoccaggio o altre strutture private.

Per gli edifici adibiti alla fornitura di acqua potabile, la distanza tra loro non deve essere inferiore a 30 metri, invece se parliamo di strutture pubbliche questa lunghezza sarà di 200 metri.

Nel caso di allacciamento ad una rete fognaria, si ricorda che la posizione della tubazione non deve mai superare una profondità superiore a quella dei tubi di raccolta delle acque nere provenienti della fognatura comunale.

La fossa settica deve essere interrata a una profondità di poco più di 1 metro. Lo sviluppo delle condotte decentralizzate varia, invece, a seconda del tipo di terreno disponibile:

  • Sabbia fine o materiale leggero: 2 metri;
  • Sabbia grossa e ghiaia: 3 metri;
  • Sabbia fine argillosa: 5 metri;
  • Argilla con poca sabbia: 10 metri;
  • Argilla densa: non adatta

Queste istruzioni generali devono essere seguite anche per evitare contenziosi legali con eventuali vicini o proprietari di terreni adiacenti.

Il terreno su cui è installata la fossa dev’essere conforme a precise caratteristiche geologiche, dev’essere segnalato e poi certificato dall’ente preposto.

Tuttavia, se la fossa è collocata in una zona di pianura, sarà necessario un test di percolazione per garantire una corretta installazione, senza alcun rischio ambientale.

Schema fossa biologica a dispersione

Schema fossa biologica a dispersione: cosa fare se è intasata o danneggiata

Chiunque si ritrovi con la fossa biologica piena è perché probabilmente non ha eseguito la manutenzione periodica e regolare, come consigliato.

L’unica cosa da fare è contattare un’azienda specializzata nella pulizia e nello svuotamento delle fosse settiche. Il servizio in questione è compreso tra 150 e 250 euro, ma il prezzo può salire se fossero necessari lavori extra come quelli di scavo.

Spurgo fognature pozzi neri: cosa sono e come funzionano

Chi possiede a casa un sistema fognario, come una fossa settica o un pozzo nero, sa che è necessario pulire regolarmente la fossa eliminando tutto ciò che lo scarico che raccoglie.

L’autospurgo è un’operazione di manutenzione comune che deve essere eseguita con una certa regolarità, ma può anche essere un’operazione di emergenza per riparare un sistema fognario intasato o la risalita di cattivi odori.

Cos’è un pozzo nero?

Un pozzo nero è un contenitore delle acque reflue (note anche come “acque nere”) che, a seconda delle dimensioni e dell’intensità dell’attività domestica, ha una certa autonomia prima di dover essere svuotato.

È posizionato in modo tale da non interagire con la falda acquifera, in quanto la parte superiore è a filo con il terreno e, di solito, dista pochi metri dalla casa.

Viene spesso confuso con una fossa settica, ma è molto diverso. Una fossa settica è, in realtà, una fogna statica che raccoglie liquami e residui di rifiuti, ma filtra il liquido e trattiene solo rifiuti solidi.

D’altra parte, il pozzo nero trattiene tutto, immagazzinando tutto ciò che la casa “produce”.

spurgo fognature

Come funziona lo spurgo delle fognature?

Tale attività deve essere svolta da un’azienda professionale e certificata, in quanto la legge non prevede che il fai da te sia valido in questi casi.

La decontaminazione è, infatti, molto delicata e tutte le 3 fasi che la caratterizzano (svuotamento, pulizia e trasporto detriti) sono ad alto rischio ambientale.

Andiamo per parti:

Svuotamento

I professionisti del settore utilizzano strumenti come motopompe ed elettropompe sommergibili, che “aspirano” l’acqua sporca senza farsi intimidire da materiali solidi o filamentosi, fino a 3 cm di diametro.

Queste potenti macchine possono calarsi fino a una profondità di una decina di metri e sono realizzate con rondelle in carburo di silicio, che garantiscono una lunga durata e riducono il rischio di fenomeni di usura.

Pulizia

Una volta che il pozzo nero è stato svuotato, ciò che resta non è un belvedere. Per pulirlo, i professionisti utilizzano una pompa ad alta pressione o un’idro-pulitrice.

Questa fase è relativamente semplice e richiede solo pochi minuti, se non ci sono residui solidi particolarmente difficili o appiccicosi sulle pareti del vaso.

Ci teniamo a ribadire l’importanza della manutenzione, almeno ogni sei mesi massimo un anno; questo perché, come vedremo più avanti, uno spurgo tardivo è un vero disastro.

Trasporto dei detriti

La normativa vigente ha stabilito aree specifiche per lo smaltimento di tali rifiuti. La cisterna del camion, piena di acque reflue e detriti, deve dirigersi verso il centro ecologico più vicino e l’ufficio si occuperà della parte burocratica corrispondente.

Spurgo fognature: quanto costa?

Le aziende di questo settore utilizzano principalmente sistemi orari, pertanto, è utile sapere che il tempo medio per svuotare e pulire un pozzo (domestico) di medie dimensioni è di circa 2 ore.

Non è mai facile avventurarsi nei pronostici, ma possiamo dire che il costo per lo spurgo delle fognature è compreso tra i 100 e i 200 euro.

Ovviamente, tale stima non può tenere conto di eventuali interventi aggiuntivi o imprevisti riscontrati durante le operazioni di spurgo.

Quali sono i rischi del non fare lo spurgo fognature in tempo?

A differenza delle fosse settiche, i pozzi neri hanno un grosso problema: non trattano le acque reflue; infatti, come dicevamo all’inizio, sono semplici contenitori.

È per questo che dobbiamo stare attenti a non farli riempire ed arrivare al “bordo”.

Cosa succede quando non c’è più spazio nel pozzo nero?

Succede qualcosa di molto spiacevole: detriti “nuovi” e scorie vengono lasciati all’aria aperta e diventano prede per piccoli animali come: topi, scarafaggi e altri insetti.

Senza tralasciare la puzza che un pozzo nero pieno può emettere e l’enorme spesa da sostenere in caso di disinfezione.

Fai la scelta giusta: non aspettare più di 6 mesi per lo spurgo delle fognature e proteggi la tua casa e la tua famiglia.

Vasca di sedimentazione: cos’è e come funziona

Per vasca di sedimentazione s’intende una fase del processo di trattamento delle acque reflue, che ha lo scopo di raccogliere le acque di scarico per poi purificarle in seguito.

Per farlo, c’è un processo di depurazione specifico, che varia per tipologia e procedura. Solitamente prevede tre fasi:

  • Prima fase – grigliatura: in questa fase si separano gli agenti contaminanti più grossolani da sostanze liquide e materiali sottili;
  • Seconda fase – sabbiatura: a questo punto si lascia che la sabbia si depositi naturalmente, per poi venire aspirata;
  • Terza fase – disoleatura: per finire si rimuovono le sostanze grasse e oleose dall’acqua.

Grazie a questi processi, gli inquinanti possono essere effettivamente rimossi dalle acque reflue urbane o industriali.

La purificazione in alcuni casi è essenziale, in quanto la quantità di agenti inquinanti provenienti da impianti è significativamente maggiore rispetto ai liquidi che esistono nel suolo, negli oceani e nei fiumi, che hanno la capacità di purificarsi da soli.

Vasca di sedimentazione: il procedimento

Per prima cosa bisogna specificare che la vasca di sedimentazione è divisa in due scomparti, chiamati primario e secondario.

Vediamoli nel dettaglio:

Vasca di sedimentazione primaria

La vasca di sedimentazione primaria è poco profonda, non supera mai 1,80 metri di profondità. La ragione di queste dimensioni è che il vento non deve assolutamente sollevare i fanghi che vi si depositano.

In più, questi serbatoi per le acque reflue non devono essere né troppo corti, né troppo larghi, per non cortocircuitare l’ingresso e l’uscita delle acque reflue e, allo stesso tempo, per non favorire la creazione di punti morti negli angoli (innescando così fenomeni putrefattivi).

Ovviamente, la dimensione del serbatoio può variare in base a vari fattori come il tempo di permanenza o il tempo di detenzione.

Il volume della vasca deve essere tale da garantire che il tempo di permanenza (o tempo di ritenzione T) del liquame sia compreso tra 1 e 3 ore (normalmente si ipotizza un valore di circa 2 ore); per le fognature miste tale tempo di permanenza non deve essere inferiore a 20 minuti, e, in caso di pioggia, di regola si considera pari a 50 minuti.

vasca di sedimentazione

Come spiegato prima, le vasche di sedimentazione primaria vengono suddivise in più fasi. Come prima c’è la grigliatura, susseguita da sabbiatura e per finire la disoleazione o sgrassatura.

In questa fase finale, l’obiettivo è separare gli oli e le particelle grasse dalle acque reflue, che spesso rimangono nella vasca di sedimentazione.

La velocità di decantazione segue la legge di Stokes e la teoria di Hazen, in maniera ragionevolmente approssimativa.

Durante il processo di sedimentazione primaria, viene quindi eseguita la decantazione per separare i solidi decantabili per ridurre il BOD5 di circa il 30%. Il restante 70% viene poi trasferito a successivi trattamenti biologici.

Vasca di sedimentazione secondaria

Nella vasca di sedimentazione secondaria, i fanghi accumulati al suo interno vengono ammucchiati sul fondo e, quindi, raschiati per il successivo trattamento.

Le sostanze disciolte, infatti, vengono poi eliminate e separate nella fase di decantazione.

Pertanto, il compito della vasca di sedimentazione secondaria è quello di separare i fanghi biologici dal resto del refluo.

vasca di sedimentazione

Infatti, questi residui rimangono nella vasca di ossidazione per poi entrare nella vasca di sedimentazione per la separazione; in sintesi, i fanghi si depositano sul fondo e l’acqua trattata rimane in superficie.

In questo stadio, i fanghi secondari sono suddivisi in solidi sospesi sedimentabili (SSS), solidi non sedimentati (SSNS) e solidi disciolti biodegradabili (SDV) e potranno essere smaltiti correttamente.

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Degrassatore sottolavello: cos’è e come funziona

Il degrassatore sottolavello è sostanzialmente una struttura che evita l’intasamento causato dai rifiuti della cucina, motivo per cui è diventato essenziale per il sistema idraulico, soprattutto quando si parla di attività commerciali.

L’apparecchiatura funziona per mezzo di un sifone che trattiene il grasso all’interno della scatola e ne impedisce la circolazione attraverso le tubazioni.

È diviso in due camere, una d’entrata e l’altra di uscita, separate da una parete non rimovibile. La funzione a cui è destinata è la stessa, sia nelle residenze che nel commercio o nelle industrie.

Ciò che può variare in ogni situazione sono le dimensioni del prodotto da utilizzare e il tipo di materiale utilizzato per la sua fabbricazione. Ora vediamo nel dettaglio.

Cos’è il degrassatore sottolavello e come funziona?

Come accennato, il degrassatore sottolavello è un contenitore utilizzato per pretrattare le acque grigie domestiche (provenienti da cucine, lavatrici, lavelli, docce, ecc.) prima dell’immissione in una pubblica fognatura o a monte di un idoneo impianto di depurazione (a fanghi attivi, subirrigazione, altri percolatori).

Si tratta di un piccolo sistema monoblocco in grado di rimuovere grandi quantità di materiale galleggiante creato dalla miscelazione olio-grasso-detergente. Viene utilizzato come pretrattamento per acque grigie civili.

Questo tipo di impianto non è altro che un separatore di grassi che funziona secondo il principio della gravità, ossia per differenze di densità: le sostanze pesanti cadono sul fondo e le sostanze leggere, come il grasso, galleggiano in superficie.

E’ fortemente indicato come azione preventiva, onde evitare gravi problemi successivi. Difatti, la combinazione grasso-detergente, produce solidi difficilmente rimovibili nei comuni impianti di depurazione.

Per le sue ridotte dimensioni è particolarmente indicato per il posizionamento nei vani sottolavello di tutte le cucine delle abitazioni civili, ma non è obbligatorio in alcuni casi.

degrassatore sottolavello

Perché è importante installare uno degrassatore sottolavello?

Il D.L. 152/06 “Normativa Ambientale” stabilisce un limite massimo di portata di 20 mg/l per le acque superficiali e di 40 mg/l per grassi e oli animali/vegetali nelle reti fognarie.

Questa normativa detta le regole per la protezione del suolo e la lotta alla desertificazione, la protezione delle acque dall’inquinamento e la gestione delle risorse idriche.

I degrassatori sono obbligatori nei casi in cui lo scarico contenga elevate quantità di sospensioni leggere (solitamente grassi e oli di origine animale e/o vegetale).

In effetti, dopo una serie di controlli sul territorio italiano, sta diventando sempre più fondamentale l’installazione di tali dispositivi, soprattutto nelle attività commerciali, per salvaguardare l’ambiente.

Dimensione del degrassatore sottolavello

La dimensione del degrassatore sottolavello è direttamente correlata alla sua capacità di ritenzione. Il piccolo può contenere 18 litri, il semplice 31 litri e il doppio 120 litri.

C’è anche uno “speciale”, che ha il suo volume calcolato in base a una formula che tiene conto del numero di persone servite dalle cucine che scaricano i rifiuti nell’impianto, al momento di maggior flusso.

Il funzionamento

Come abbiamo capito, il degrassatore sottolavello è progettato per tutte le attività commerciali che necessitano di rimuovere grasso e olio in eccesso, e sono previsti dal D.L. Art. 152 del 05/11/99 per gli scarichi civili prima dell’immissione in rete pubblica.

degrassatore sottolavello

Il principio di funzionamento è molto semplice e consiste nel convogliare l’acqua di scarico in un degrassatore statico, che funziona come una vasca di distillazione divisa in due scomparti.

Nel primo scomparto, grazie a un processo chimico, l’olio e il grasso tenderanno a galleggiare, mentre le sostanze sedimentabili tenderanno a rimanere nel fondo della vasca.

I filtri a coalescenza utilizzano i principi di coesione e adesione di piccole particelle di olio, in modo che mentre l’acqua passa attraverso il filtro, le goccioline di olio e grasso, che eventualmente sono state trascinate, si aggrappano al supporto, rimanendo così intrappolate.

L’acqua che passa al secondo scomparto, invece, è priva di sostanze inquinanti e può essere smaltita correttamente.

Affinché questo impianto funzioni correttamente, la camera di sedimentazione deve essere regolarmente pulita e liberata da grasso e olio. Essi devono essere smaltiti secondo le modalità e le condizioni previste dalla legge.

Ultimo, ma non meno importante, anche il filtro a coalescenza dev’essere sostituito regolarmente per evitare che sostanze inquinanti passino all’altro scomparto.

Cisterna di gasolio: le caratteristiche e la normativa vigente

Il gasolio è un’importante fonte di carburante per le fattorie e gli allevamenti di bestiame, ma per un corretto stoccaggio, le normative che regolano l’installazione della cisterna di gasolio devono essere seguite attentamente al fine di disporre di un sistema omologato e a norma.

Al fine di evitare eventuali multe e problemi ambientali, in questo articolo approfondiremo la normativa e dove installare le cisterne di gasolio correttamente.

In sintesi, la legge vigente determina che:

  • La cisterna di gasolio deve avere una doppia parete, altrimenti deve essere presente una vasca di raccolta con una capacità del 110% della capacità del serbatoio;
  • La parte superiore della cisterna dev’essere protetta da una tettoia;
  • Gli sfiati del serbatoio devono trovarsi ad almeno 2,40 metri dal suolo;
  • L’area intorno alla cisterna dev’essere sgomberata di almeno 3 metri;
  • È obbligatoria la presenza di un estintore, scelto in base alla capienza del serbatoio;
  • Deve essere presente la corretta segnaletica di pericolo.

Cisterna di gasolio: la normativa

Il decreto del 22 novembre 2017 detta le regole tecniche per l’installazione e la detenzione di una cisterna di gasolio a norma, specificando il luogo di montaggio, le caratteristiche del serbatoio e le necessarie dotazioni di sicurezza.

Questo aggiornamento è stato sviluppato per ridurre al minimo il rischio di perdite di gasolio nell’impianto, prevenire la propagazione di incendi e consentire ai vigili del fuoco un facile accesso e un intervento tempestivo.

Le caratteristiche della cisterna di gasolio

La nuova normativa stabilisce le caratteristiche delle cisterne di gasolio per essere considerate a norma. Come specificato, esse devono essere dotate di una doppia parete o di un serbatoio di raccolta con una capacità del 110% della capacità del serbatoio.

Il secondo punto della normativa riguarda la protezione dei serbatoi, prevedendo la presenza di tettoie che devono proteggere le cisterne dagli eventi atmosferici.

Un’altra importante caratteristica della cisterna di gasolio è che deve avere uno sfiato a 2,40 m dal piano di calpestio e ad almeno 1,5 m da abitazioni e depositi infiammabili.

Se la struttura dell’impianto contiene componenti elettrici, dev’essere eseguita la messa a terra secondo le normative vigenti.

È importante che la cisterna di gasolio sia dotata di una targa identificativa, che deve riportare i seguenti dati:

  • Nome e numero del produttore;
  • Numero di matricola;
  • Capacità massima;
  • Pressione registrata durante il collaudo;
  • Materiale di costruzione e spessore;
  • Dettagli dell’atto di autorizzazione.
cisterna gasolio

Dove installare una cisterna di gasolio?

La normativa stabilisce anche regole ben precise per il luogo di installazione della cisterna di gasolio. La sua ubicazione dev’essere aperta e ventilata; è praticamente vietato posizionare l’impianto in locali chiusi e terrazzi.

Per quanto riguarda la distanza di sicurezza, la cisterna di gasolio dev’essere distante almeno 5 metri da depositi e magazzini e almeno 10 metri dalle abitazioni.

Per non creare una situazione di pericolo, l’area intorno al serbatoio dev’essere almeno 3 metri libera da qualsiasi materiale e deve essere pianeggiante e priva di vegetazione, per evitare incendi in prossimità della vasca.

La normativa consente anche di inserire la cisterna di gasolio all’interno di box specifici. Tali box devono essere provvisti di apposite fessure di aerazione per consentire la circolazione dell’aria e possono essere dotati di reti parapioggia, purché non riducano la superficie di aerazione.

Segnaletica ed estintori a norma di legge

Dopo aver compreso le principali regole relative alle cisterne di gasolio, è importante sottolineare la segnaletica da utilizzare e l’uso degli estintori.

Per quanto riguarda gli estintori, devono essere presenti almeno due estintori portatili le cui caratteristiche estinguenti dipendono dalla capacità del serbatoio.

Se il serbatoio di accumulo supera i 6 metri cubi, deve essere dotato anche di un estintore a carrello, con capacità estinguente almeno B3.

cisterna gasolio

Oltre agli estintori, anche la segnaletica svolge un ruolo importante per la sicurezza: nelle aree della cisterna, bisogna mettere i cartelli di pericolo di incendio, di divieto di uso di fiamme libere e divieto di ingresso, fatta eccezione del personale non autorizzato.

Inoltre, è necessario affiggere il protocollo di condotta in caso di incendio, il numero dei vigili del fuoco e i dati di contatto dell’impresa di manutenzione.

Tutto quello che non sapevi sulla fitodepurazione

Diverse sono le attività umane che portano alla produzione di acque reflue, o per meglio dire, acque di scarico; per questo diventa essenziale il processo di rimozione degli agenti contaminanti.

La depurazione di queste acque risulta fondamentale perché la parte inquinata potrebbe essere di gran lunga superiore alla reale capacità auto-depurativa dei terreni, dei mari, fiumi o laghi.

Per nostra fortuna, la tecnologia attuale ci aiuta a riprodurre lo stesso processo di purificazione che avviene in natura, facilitandolo.  

Uno dei sistemi di depurazione ecosostenibili è quello della fitodepurazione e proprio di questo andremo a parlare in questo articolo.

Cos’è la fitodepurazione?

La fitodepurazione è un tipo di chiarificazione biologica, che sfrutta l’azione delle piante per dare vita a microrganismi batterici, che purificano le acque di scarico.

I sistemi di fitodepurazione hanno origini antiche, risalenti all’Impero Romano, ma è solo negli anni 70, in Germania, che sono stati maggiormente impiegati e oggi sono largamente utilizzati in gran parte del mondo.

Questi metodi di filtrazione possono essere classificati in base al tipo di pianta utilizzata, parliamo di microalghe, piante galleggianti o macrofite radicate, sommerse o emergenti.

fitodepurazione

Per il corretto funzionamento, gli impianti di fitodepurazione necessitano di un pretrattamento che serve a evitare intasamenti o problemi nel loro utilizzo. Una delle prime azioni da fare è rendere impermeabile il terreno sottostante, a meno che esso non lo sia già naturalmente.

Queste accortezze garantiranno il livello minimo di manutenzione richiesto dal sistema. Restano comunque indispensabili regolari analisi chimiche allo scarico, come previsto dalla legge.

A cosa serve nello specifico la fitodepurazione?

Come accennato in precedenza, la fitodepurazione è un processo che riproduce la funzione naturale di purificazione delle acque reflue.

La sua diffusione è dovuta alla necessità di trovare meccanismi sostenibili dall’ambiente stesso e non comporta l’utilizzo di materiali a loro volta nocivi, se non per svolgere la manutenzione.

Pertanto, soddisfa l’esigenza di rendere il processo sostenibile dal punto di vista ambientale: substrato, piante, refluo e microrganismi sono presenti sinergicamente in questo sistema di depurazione, determinando interazioni chimiche, fisiche e biologiche per garantire che l’acqua venga immessa nel terreno senza contaminanti.

Come funziona il processo di purificazione dell’acqua reflua?

L’acqua sporca raggiunge lo strato ghiaioso e le piante; a questo punto intervengono i microrganismi, che attraverso reazioni biochimiche, eliminano le parti inquinanti esistenti.

Il risultato è un’acqua depurata a norma di legge.

Nella fitodepurazione, la tecnologia e l’ecologia vanno a braccetto: è nelle radici delle piante che si formano i microrganismi necessari al funzionamento dell’impianto. Questi microbi assorbono l’ossigeno raccolto dalle piante e danno il via a processi chimici che fanno in modo di filtrare lo sporco.

fitodepurazione

Come fare un impianto di fitodepurazione correttamente?

Per iniziare, l’impianto di fitodepurazione dev’essere commisurato alle esigenze di chi lo utilizza come sistema di filtraggio. In questo articolo useremo come unità di misura l’abitante equivalente.

Le dimensioni dell’impianto e la sua portata devono essere sufficienti per sopportare l’utilizzo degli individui che frequentano l’area in cui l’impianto è costruito.

La normativa di legge prevede 5 mq di bacino per ogni abitante.

Per quanto riguarda la fossa, essa deve fornire 150/200 litri per abitante equivalente; il pozzetto degrassatore, invece, sarà commisurato al numero di cucine, lavanderie o altre attrezzature ad esso collegate.

La vasca dovrà essere profonda almeno 80 metri e dovrà essere riempita con due strati di ghiaia, uno più spesso e l’altro più sottile, con sopra un telo composto per il 50% da terriccio e l’altra metà da torba, dove le piante si attaccheranno con le loro radici.

All’inizio e alla fine dell’impianto, invece, sarà necessario installare pozzetti d’ispezione, che serviranno per controllare il livello dell’acqua, ma anche per il prelievo di campioni di liquami. Tutto questo per mantenere i valori di agenti inquinanti dell’acqua dentro ai parametri di legge.

Le piante saranno selezionate in base alle condizioni meteorologiche e climatiche della zona, di modo che possano resistere e svolgere al meglio le loro funzioni depurative.

È importante ricordare che l’autorizzazione alla realizzazione di tale impianto deve essere rilasciata dal comune competente e la domanda deve essere presentata da un professionista abilitato.

Dimensionamento fossa biologica: gli abitanti equivalenti

Il dimensionamento della fossa biologica è un parametro decisamente importante e da non sottovalutare, soprattutto nel momento dell’installazione della fossa.

Esistono misure specifiche che devono essere rispettate, calcolate principalmente in base al numero di persone che dovranno farne uso.

L’obiettivo del dimensionamento è garantire un servizio efficiente agli utenti e non contaminare altre strutture responsabili dell’acqua potabile.

Dimensionamento fossa biologica: il calcolo per abitante equivalente

Di base, il calcolo della capacità per abitante equivalente oscilla tra 180 e 200 litri, oppure 50-60 litri per la camera di sedimentazione e 130-140 litri per la camera di digestione.

Il tempo di ritenzione è, solitamente, di circa 5 ore e deve essere tenuto in considerazione durante la fase di dimensionamento per evitare successivi problemi di sovraccarico.

Come dev’essere il dimensionamento fossa biologica

Innanzitutto, bisogna chiarire che la vasca di decantazione della fossa biologica non deve andare sotto le 6 ore di detenzione per le portate di punta.

40-50 litri devono essere una media per ciascuna camera di sedimentazione per utente.

Per quanto riguarda il compartimento dei fanghi, il dimensionamento della fossa biologica deve garantire 100 – 200 litri pro capite e l’estrazione deve essere effettuata una volta all’anno.

Inoltre, la dimensione del tubo di dispersione della fossa settica non può essere impostata in modo arbitrario: il diametro deve essere 10 -12 cm e la lunghezza deve essere 30 -50. Le estremità devono essere distanziate di 10 – 12 cm, con una pendenza compresa tra 0,2% e 0,5%.

La condotta disperdente della fossa biologica dev’essere inserita in trincee sotterranee di 2 o 3 metri, la cui distanza tra il fondo e la falda dev’essere di almeno 1 metro. Inoltre, per evitare qualsiasi tipo di contaminazione, le tubazioni non devono essere poste a meno di 30 metri da qualsiasi struttura utilizzata per fornire acqua potabile.

Il mancato rispetto delle dimensioni della fossa biologica comporterebbe una violazione della legge. Pertanto, è sempre consigliabile consultare un esperto del settore, che fornirà tutte le informazioni necessarie.

dimensionamento fossa biologica

Cosa dice la normativa riguardo il dimensionamento delle fosse biologiche

Le dimensioni delle fosse biologiche sono regolate dal Decreto legge 152/99, sulla tutela delle acque dall’inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane, inerente alle acque di scarico.

Va sottolineato che i parametri su cui viene realizzata la fossa Imhoff e le sue dimensioni non sono del tutto compatibili con quelli previsti dalla normativa di riferimento, ma è comunque accettato dall’art. 3 del Quinto Allegato:

“Si possono ritenere opportuni i sistemi di smaltimento degli scarichi degli insediamenti civili negli agglomerati con meno di 50 A.E.. come quelli già indicati nella delibera del Consiglio dei ministri del 4 febbraio 2077, sulla protezione delle acque dall’inquinamento”.

Il funzionamento della fossa Imhoff

La fossa Imhoff è un tipo di fossa biologica caratterizzata da due vani prefabbricati – uno inferiore ed uno superiore – sovrapposti e collegati.

Il vano inferiore è responsabile della digestione dei fanghi e la parte superiore è la vasca di sedimentazione primaria.

Le Imhoff sono tipicamente installate in luoghi non raggiungibili dalla rete fognaria (ma devono essere piccoli insediamenti), in posti dove serve solo una sgrassatura dei liquami domestici e a monte degli impianti di depurazione ai fini del pretrattamento.

Come funziona la fossa Imhoff?

Quando arrivano le acque reflue, il liquame entra e passa sotto il paraschiume e finisce nella camera di decantazione.

Il materiale galleggiante si accumula nella parte superiore e forma una crosta, che viene poi rimossa. Le particelle sedimentabili cadono nella camera inferiore e raggiungono il canale di scarico dopo essere passate attraverso un secondo paraschiume.

In questa fase inizia il processo di digestione: una volta completato, il fango viene aspirato dal tubo e fatto essiccare.

Trascorso il tempo di permanenza, l’acqua esce limpida perché in nessun momento viene a contatto con il vano inferiore.

Il grande vantaggio delle fosse Imhoff è che il valore settico delle acque reflue finali è molto inferiore a quello delle fosse settiche. Ciò significa che può essere trattato naturalmente attraverso processi come la subirrigazione e la fitodepurazione.

fossa imhoff

Fosse Imhoff e fosse settiche: le differenze sostanziali

Ancora oggi c’è la tendenza a confondere le fosse Imhoff con le fosse settiche (bicamerali o tricamerali). In effetti, in rete, molte volte si parla di “vasca settica di tipo Imhoff” e via dicendo.

Pertanto, questo articolo è nato per chiarire le differenze sostanziali nella costruzione e nel funzionamento di queste due fosse biologiche convenzionali.

Vediamole nel dettaglio:

Le fosse settiche

Tipicamente, una fossa settica tradizionale è una vasca divisa in due o tre scomparti.

Quindi, nel primo caso si tratta di una fossa a doppia camera (bicamerale) e nel secondo a tre camere (tricamerale). Questi vani sono interconnessi da tubi con deflettori a forma di T, che impediscono il flusso di solidi depositati (fanghi) e materiali galleggianti (croste) da una camera all’altra.

Quando le acque di scarico attraversano la prima camera, il tempo di permanenza del liquame consente la sedimentazione dei solidi, mentre il liquido subisce una limitata fermentazione anaerobica.

Il fango sedimentato che si accumula sul fondo viene anch’esso fermentato in assenza di ossigeno, generando gas (principalmente metano e anidride carbonica), che tende ad alleggerire il fango stesso, il quale risale in superficie formando le tipiche “croste” che si vedono in impianti di questa natura.

Un deflettore impedirà poi che questi residui entrino nella seconda camera. Lo stesso fenomeno si ripeterà nelle camere successive, ma in numero sempre minore, fino a chiarificare le acque.

Pertanto, questo tipo di fossa settica convenzionale restituisce un effluente ben purificato (a basso contenuto di solidi sospesi), ma ancora con grosse quantità di inquinanti disciolti.

Se adeguatamente dimensionate e costruite, le fosse settiche possono rimuovere circa il 50% dei solidi sospesi totali, mentre il BOD5 ha un’efficienza di rimozione massima di circa il 30%.

Fosse Imhoff e fosse settiche: le differenze

Le fosse Imhoff

Le fosse Imhoff, invece, sono suddivise in due compartimenti:

  • Vano superiore (detto di sedimentazione);
  • Vano inferiore (detto di digestione).

Il vano superiore è costituito da un canale longitudinale linearmente correlato al flusso d’acqua, a forma di tramoggia, con un’apertura nella parte inferiore per la comunicazione con la parte inferiore.

L’acqua scorre lungo il canale di sedimentazione per fuoriuscire dal lato opposto, priva di solidi decantabili, che si separano per gravità e si depositano sul fondo, nel vano inferiore.

Lì si accumulano e subiscono la digestione anaerobica mentre si addensano, comprimendo lo strato gradualmente depositato.

Pertanto, le fosse di tipo Imhoff (come le fosse settiche convenzionali) possono essere utilizzate anche come vasche di sedimentazione e di digestione anaerobica dei fanghi decantati.

Ha, però, un vantaggio rispetto ad una fossa settica a due o tre camere: grazie alla speciale apertura di comunicazione tra i suoi comparti, le bolle d’aria generate dalla fermentazione dei fanghi e le croste che esse trascinano non vanno a finire nel canale di sedimentazione.

Il tubo di scarico è dotato di un deflettore anti schiuma, che comunica con il serbatoio superiore, consentendo lo scarico fresco delle acque reflue depurate, grazie al suo breve tempo di permanenza e non entra in alcun modo in contatto con la camera di digestione.

A differenza degli effluenti delle fosse settiche convenzionali, le acque reflue finali delle vasche Imhoff hanno un basso valore settico e sono facilmente trattate con mezzi naturali come la subirrigazione o la fitodepurazione.

Se opportunamente dimensionato, questo tipo di impianto può rimuovere i solidi sospesi con una resa fino all’80% e fino al 30-35% di BOD5.

Fosse Imhoff e fosse settiche: le differenze

Le differenze tra fosse Imhoff e fosse settiche: in conclusione

Le differenze tra fosse Imhoff e fosse settiche consistono nel loro scopo e nel numero di utenti che andranno a servire. In linea generale, le principali caratteristiche sono:

Fosse Imhoff

  • Maggiormente utilizzate dove non è presente la fognatura comunale.
  • Migliore depurazione delle acque in uscita.
  • Risultato alto nelle tabelle che regolano le acque di scarico.
  • Possibilità di utilizzo con pozzo a fondo perduto o fitodepurazione.

Fosse settiche

  • Maggiormente utilizzate nei centri urbani, con fognatura comunale.
  • Risolutive nei problemi di pendenza.
  • Evitano il 50% degli intasamenti.
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